MONASTERO DELLA VISITAZIONE
Non è ancora un progetto. È un luogo, la casa dove a breve vivrà una comunità aperta, un luogo di cura e di relazione. È l’ex Monastero della Visitazione, un pezzo di città che nessuno ha mai visto. Dal 1819 al 2019 ha accolto monache di clausura, dietro muri di cinta alti 8 metri. Tremila e cinquecento metri quadrati coperti e un parco di quasi tremila metri a due passi dal Policlinico, dietro la parrocchia degli Alemanni.
Il Monastero si sviluppa tra via Mazzini, dietro la parrocchia di S. Maria Lacrimosa degli Alemanni, e il retro delle case che affacciano su via Masi, via Alberti e via Savioli che, quando venne fondato, ancora non esistevano. L’area, periferica rispetto alla città storica, era infatti una zona di campagna con orti e campi e, nella vicina piazza Trento e Trieste, il Foro Boario cittadino, con il mercato del bestiame.
Attorno alla casa delle monache, dal primo dopoguerra, iniziò a crescere un quartiere di ville e piccole palazzine, e così la vita del Monastero continuò invisibile, dietro le mura della clausura. Il complesso continuò a crescere, fino a riunire 60 monache, appartenenti all’Ordine della Visitazione di Santa Maria (da cui il nome di ‘Visitandine’), fondato nel 1610 da San Francesco di Sales e Santa Giovanna Francesca di Chantal.
Dal 2019, quando le ultime monache si trasferirono in un’altra comunità di Visitandine nel comasco, il Monastero è rimasto chiuso. Ora l’Ordine ha deciso di cederne la proprietà all’Arcidiocesi che sta predisponendo un progetto complessivo di ristrutturazione per fare rivivere tutto il complesso, rendendolo un polo vivo a servizio della città. La parte più consistente (3.500 metri quadrati coperti e quasi 3.000 di parco) andranno in affitto alla Fondazione Sant’Orsola.
“In questi anni – spiega il presidente di Fondazione Sant’Orsola Giacomo Faldella – abbiamo imparato che la vita è vita sempre e diventa più forte nell’incontro. Per questo d’accordo con l’Arcidiocesi vogliamo donare alla città uno spazio di accoglienza e incontro, aperto a bambini e anziani, alle persone sane e a quelle con malattia. Partendo da quel che abbiamo realizzato, vogliamo costruire una comunità aperta, un luogo di cura e relazione, che possa arricchire la vita della nostra città”.
Rispetto alle attività che si svilupperanno al Monastero alcuni primi punti fermi ci sono già. Potrà crescere, infatti, l’attività di accoglienza alle persone che vengono a Bologna da fuori regione per trovare le cure di cui hanno bisogno, così come le attività che Fondazione Sant’Orsola ha avviato per gli anziani con Alzheimer e le loro famiglie. Potrà trovare una sede definitiva la logopedia per i bimbi con la sindrome di Down e iniziare attività di inserimento lavorativo. Ma questo è solo l’inizio.
“Vogliamo ascoltare – spiega Faldella – la parrocchia, il quartiere, gli altri enti non profit e tutti quelli che hanno idee da proporci. L’obiettivo è scoprire nuovi bisogni, altre domande, per costruire insieme risposte nuove. Vogliamo che chiunque entrando qui, anche solo per prendere un caffè, abbia la possibilità di sentirsi a casa, accolto”.
Per realizzare questo sogno abbiamo bisogno di tutti: delle idee e dei suggerimenti di ciascuno così come del sostegno di imprese e cittadini. Se vuoi essere tra i primi a sostenerlo puoi donare già ora: ti manterremo aggiornato passo dopo passo sulla vita che inizierà a scorrere all’interno di questo ‘giardino segreto’, tra i chiostri, il refettorio, la ex chiesa e le celle.
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